Il libro della serata, scritto dal Permio Nobel J. M. Coetzee, racconta dello scrittore Dostoevskij che dal suo esilio di Dresda per debiti di gioco, ritorna a Pietroburgo dopo la morte dai contorni poco chiari del figliastro. Lo scrittore si stabilisce nell'appartamento che era stato del figliastro e ossessivamente ne insegue il fantasma per scoprire che cosa veramente gli sia capitato, indagando negli ambienti rivoluzionari di Necaev.
Se da un lato il libro è stato molto apprezzato da una appassionata lettrice di Dostoevskij come Michela, dall'altro lato abbiamo sentito il parere diametralmente opposto di Renato. Michela ha apprezzato che Coetzee cerchi di ricreare le atmosfere di capolavori quali "I demoni" e "Delitto e castigo", mentre Renato ha appunto deprecato queste caratteristiche sottolineando il fatto che Coetzee cerca addirittura di imitare lo stile del suo idolo Dostoevskij senza averne le capacità. Dal punto di vista di Renato "Il maestro di Pietroburgo" è un libro in utile.
In generale il libro è stato terminato da tutti anche se le atmosfere lugubri, l'angoscia, la morte, il rancore e il desiderio di vendetta che lo pervadono non rendono particolarmente piacevole e scorrevole la lettura.
Si è notato molto il desiderio, da parte di chi non è rimasto soddisfatto da questa lettura, di farsi spiegare le motivazioni per cui uno scrittore contemporaneo decida di scrivere una storia ambientata nella Russia di 150 anni fa con protagonista uno scrittore realmente vissuto.
Secondo Helga, la finalità di questo libro è quella di raccontare il ruolo di uno scrittore (Dostoevskij) in un Paese totalitarista (Russia) dal punto di vista di uno scrittore (Coetzee) che ha vissuto in un Paese totalitarista (Sud Africa). Il libro, se da un lato parla della situazione politica della Russia del tempo, dall'altro affronta la tematica dei sensi di colpa, di ciò che poteva essere e invece non è stato nel rapporto tra un padre e un figlio.
Altro punto su cui ci siamo soffermati era l'interrogativo in merito alla veridicità degli eventi raccontati. Alcuni episodi citati nel libro sono accaduti veramente (la deportazione in Siberia, l'esilio per debiti, le crisi di epilessia). Dostoevskij aveva davvero un figliastro ma non viene ucciso come si racconta nel libro. Necaev è un personaggio veramente esistito ma nella realtà non ha ucciso il figliastro di Dostoevskij per scopi politici.
Forse la lettura di questo libro avrebbe dovuto essere affrontata nel modo in cui ha fatto Elena che, non avendo mai letto nessun romanzo di Dostoevskij e non sapendo nulla della sua biografia, ha letto "Il maestro di Pietroburgo" semplicemente come la storia di un padre che perde un figlio.
Dato che il contenuto del libro è anche politico, l'ultima parte del dibattito si è incentrata appunto sulla politica, spaziando dalla Russia nichilista alla crisi economica attuale.
Poi finalmente abbiamo mangiato la buonissima torta portata da Daniela e parlato di argomenti più leggeri. Sono stati aggiunti 4 nuovi titoli al nostro programma di letture e abbiamo scelto la meta della prossima gita: Certosa di Pavia, 17 aprile 2010.
(Maria Teresa per il Gruppo di lettura)
Se da un lato il libro è stato molto apprezzato da una appassionata lettrice di Dostoevskij come Michela, dall'altro lato abbiamo sentito il parere diametralmente opposto di Renato. Michela ha apprezzato che Coetzee cerchi di ricreare le atmosfere di capolavori quali "I demoni" e "Delitto e castigo", mentre Renato ha appunto deprecato queste caratteristiche sottolineando il fatto che Coetzee cerca addirittura di imitare lo stile del suo idolo Dostoevskij senza averne le capacità. Dal punto di vista di Renato "Il maestro di Pietroburgo" è un libro in utile.
In generale il libro è stato terminato da tutti anche se le atmosfere lugubri, l'angoscia, la morte, il rancore e il desiderio di vendetta che lo pervadono non rendono particolarmente piacevole e scorrevole la lettura.
Si è notato molto il desiderio, da parte di chi non è rimasto soddisfatto da questa lettura, di farsi spiegare le motivazioni per cui uno scrittore contemporaneo decida di scrivere una storia ambientata nella Russia di 150 anni fa con protagonista uno scrittore realmente vissuto.
Secondo Helga, la finalità di questo libro è quella di raccontare il ruolo di uno scrittore (Dostoevskij) in un Paese totalitarista (Russia) dal punto di vista di uno scrittore (Coetzee) che ha vissuto in un Paese totalitarista (Sud Africa). Il libro, se da un lato parla della situazione politica della Russia del tempo, dall'altro affronta la tematica dei sensi di colpa, di ciò che poteva essere e invece non è stato nel rapporto tra un padre e un figlio.
Altro punto su cui ci siamo soffermati era l'interrogativo in merito alla veridicità degli eventi raccontati. Alcuni episodi citati nel libro sono accaduti veramente (la deportazione in Siberia, l'esilio per debiti, le crisi di epilessia). Dostoevskij aveva davvero un figliastro ma non viene ucciso come si racconta nel libro. Necaev è un personaggio veramente esistito ma nella realtà non ha ucciso il figliastro di Dostoevskij per scopi politici.
Forse la lettura di questo libro avrebbe dovuto essere affrontata nel modo in cui ha fatto Elena che, non avendo mai letto nessun romanzo di Dostoevskij e non sapendo nulla della sua biografia, ha letto "Il maestro di Pietroburgo" semplicemente come la storia di un padre che perde un figlio.
Dato che il contenuto del libro è anche politico, l'ultima parte del dibattito si è incentrata appunto sulla politica, spaziando dalla Russia nichilista alla crisi economica attuale.
Poi finalmente abbiamo mangiato la buonissima torta portata da Daniela e parlato di argomenti più leggeri. Sono stati aggiunti 4 nuovi titoli al nostro programma di letture e abbiamo scelto la meta della prossima gita: Certosa di Pavia, 17 aprile 2010.
(Maria Teresa per il Gruppo di lettura)