E proprio questo aspetto ha fatto partire la nostra
discussione. Qualcuno dei presenti si chiedeva se fosse meglio vivere come loro
(assaporando la vita con poco) o come noi (con tutte le nostre regole, ma anche
le nostre sempre crescenti esigenze). Altri contestavano i caratteri dei
protagonisti “fannulloni” dichiarandosi persino infastiditi da alcune parti del
libro. E poi c’erano quelli (in realtà la maggioranza nel nostro gruppo) che ammiravano
(e amavano) “la grande umanità” che traspira dalla descrizione dei protagonisti
e dal complesso di regole e di valori che loro stessi si sono dati per la pacifica
convivenza nella loro stradina e nel loro microcosmo.
Elaine (che è nata e cresciuta in USA) ha dato un contributo
importante per comprendere anche le intenzioni dello stesso Steinbeck nello
scrivere questo libro. Lo stile (frasi
corte, pochi aggettivi) di “Cannery Row” (così il titolo originale uscito nel
1945) faceva parte di una tendenza letteraria americana degli anni ‘40 che
cercava di ridurre all’osso la scrittura, ma anche la vita. Background erano la
grande depressione (scoppiata con il crollo di Wall Street nel 1929), la
disoccupazione, la povertà. Elaine ci fa presente che negli USA della metà del
secolo scorso esistevano “due società”, la cosiddetta “buona” in cui le donne
ancora negli anni ’70 uscivano di casa indossando cappellino e guanti bianchi e
la società “ribelle e di rottura” che sfociava nel movimento “beatnik” (con
musica beat e libri come “On the road” per citarne solo uno).
Anche il prossimo libro (in discussione a fine agosto) è
un’opera importante della letteratura del ‘900. Dopo la recente scomparsa di
Gabriel Garcia Marquez abbiamo scelto il suo romanzo “Cent’anni di solitudine”. Buona lettura a tutte/tutti!
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