mercoledì 6 ottobre 2010

Incontro del 29.09.2010 - Il fu Mattia Pascal

Il libro della serata è stato proposto dalla nostra bibliotecaria Emiliana, perché Pirandello è il suo scrittore preferito. La discussione (svoltasi davanti a un tavolo carico di torte, pasticcini, cioccolatini, uva, vino e chi più ne ha più ne metta) si è incentrata principalmente su due argomenti: il linguaggio e il tema dell'identità. La prosa di Pirandello rappresenta la vera lingua italiana, a differenza dei libri contemporanei (come ad esempio "Stramonio") che riciclano sempre gli stessi vocaboli e hanno una prosa piatta al pari di un articolo di giornale. Questo aspetto, se da un lato può essere apprezzato, dall'altro ha rallentato un po' lo scorrere della lettura perché non siamo più abituati a leggere un italiano così ricco. L'altro tema, quello dell'identità, ha suscitato un interessante dibattito su chi sosteneva che la vicenda di Mattia Pascal è l'esempio di come un individuo anche se finge di essere qualcun'altro agli occhi del mondo, non può sfuggire da se stesso. Per altri invece la scelta del protagonista di ritornare alla vita di prima è stata provocata soltanto dallo scontro con la burocrazia. Lui avrebbe voluto rifarsi una nuova vita ma dato che la sua identità è fittizia non può risposarsi, non può lavorare, non può nemmeno denunciare un furto subito, quindi alla fine è costretto a ritornare sui suoi passi.
Alcune parti del libro sono risultate noiose perché lente e poco coinvolgenti ma tutto sommato il libro è piaciuto a tutti. In particolare Patrizia P. ha detto che è un libro importante perché mostra uno scorcio dell'Italia di circa 100 anni fa e fa riflettere su come sono cambiate le cose e il modo di vivere. L'unica voce fuori dal coro è stata quella di Patrizia M. che ha definito questo libro come "inutile". I gusti in fatto di lettura sono sempre molto soggettivi e lo sperimentiamo ogni volta ai
nostri incontri. Vedremo la prossima volta a chi sembrerà inutile "Scarpe italiane" di Mankell.
(Maria Teresa per il Gruppo di lettura)

4 commenti:

Maria Teresa ha detto...

Dopo aver pubblicato il resoconto della serata dico subito la mia. Io questo libro lo avevo letto alle superiori e purtroppo non ho trovato il tempo di rileggerlo. Ne ho però un ricordo positivo, "Il fu Mattia Pascal" insieme a "Uno nessuno centomila" e "La coscienza di Zeno" fanno parte di quei libri che eravamo obbligati a leggere ma che non mi sono pesati.
Ne approfitto per segnalarvi che è online (scaricabile gratuitamente) il primo ebook di Mondadori e il titolo scelto come esordio è proprio "Il fu Mattia Pascal"
http://www.bol.it/libri/ms/001465

Helga ha detto...

Anch'io ho letto questo libro in gioventù (non ricordo se al liceo o appena dopo), ma all'epoca l'ho letto in traduzione tedesca. Mi era piaciuto e non mi era sembrato un libro pesante. Adesso invece l'ho letto in lingua originale, e ho dovuto rendermi conto che ho imparato il mio italiano sui giornali. Mi spiego: il linguaggio di Pirandello è sicuramente un ottimo italiano, molto colto e molto ricco. Ma per me, straniera, era anche "antiquato", a tratti difficile, spesso non scorrevole. Le prime 40 pagine erano pesanti per me, poi mi sono fatta trascinare dalla storia abbastanza intrigante ed è andata meglio^^.
Per quanto riguarda la storia stessa: io sostengo che Mattia Pascal non voleva tornare nella sua vecchia identità (aveva già chiuso con quella esistenza, con la moglie, la suocera ecc.). Ma non è riuscito a costruirsi una vera "nuova" vita (sposarsi, prendere un cane, denunciare il furto...). Non basta un nuovo nome, un nuovo taglio di capelli e un'operazione all'occhio per cambiare identità e diventare veramente un'altro. Almeno non per la burocrazia, per l'anagrafe. Se era difficile 100 anni fa figuriamo oggi, che senza codice fiscale uno non può neanche chiedere un'allacciamento di luce, gas, telefono...

renato ha detto...

Secondo me, Pirandello con il "Fu Mattia Pascal", vuole sottolineare la estrema difficoltà del cambiamento interiore.
Pascal coglie la palla al balzo e cerca di cambiare identità; ha anche un colpo di fortuna e fa un bel po di soldi. Sappiamo tutti che con i soldi in discreta quantità si può fare, se non tutto, molto. Comprare un documento "trafficato" per es. (a quell'epoca non c'era il codice fiscale), avrebbe potuto espatriare e diventare per davvero un altro dicendo addio ad un modo di vivere che lo aveva disgustato. Non ce l'ha fatta! Il suo è un problema interiore, è rimasto un piccolo provinciale, pieno di paure, di falsi pudori borghesi. Insomma non è riuscito a saltare il fosso.
La capacità di cambiare anche radicalmente il modo di essere, presuppone una presa di coscienza di quello che si è (meschino, ridicolo, vile e succube nel caso di Pascal). Lui è sempre stato "quello di prima" nonostante il cambio di identità esteriore: ed alla fine torna al paese come "quello di prima", forse un po migliorato dall'esperienza vissuta, ma tutto li.
Mi sembra un po questo il succo del romanzo.
L'ho riletto con piacere!

Helga ha detto...

Lo so, Renato, che non c'era il codice fiscale all'epoca. Ma oggi c'è, e quindi sarebbe ancora più difficile cambiare identità...almeno se non vuoi diventare un "fuorilegge" che falsifica documenti ecc.ecc. Il protagonista di questo romanzo non ha il corraggio di farlo, ok. E' per questo "un piccolo provinciale" con "falso pudore borghese"?? Non credo. Non tutti hanno il coraggio(?) di vivere il resto della vita con la paura di essere scoperti (e a quei tempi non c'erano neanche di moda i dossier di oggi...). In ogni caso Pascal non è più "quello di prima" alla fine del libro. Come dice anche il titolo: "Il FU Mattia Pascal", questo FU è importante secondo me. Il tempo è passato e Pascal non può cancellare quello che è successo, a lui, a sua moglie, al mondo. Credo che era Eraclito che diceva una cosa tipo: Tutto scorre, non ci si può immergere due volte nello stesso fiume. Pascal è, anche dopo il suo ritorno a casa (che molto casa non è più) alla ricerca di un'identità, la vecchia non funziona più e la nuova non riesce a trovarla ...