Il libro della serata è stato proposto dalla nostra bibliotecaria Emiliana, perché Pirandello è il suo scrittore preferito. La discussione (svoltasi davanti a un tavolo carico di torte, pasticcini, cioccolatini, uva, vino e chi più ne ha più ne metta) si è incentrata principalmente su due argomenti: il linguaggio e il tema dell'identità. La prosa di Pirandello rappresenta la vera lingua italiana, a differenza dei libri contemporanei (come ad esempio "Stramonio") che riciclano sempre gli stessi vocaboli e hanno una prosa piatta al pari di un articolo di giornale. Questo aspetto, se da un lato può essere apprezzato, dall'altro ha rallentato un po' lo scorrere della lettura perché non siamo più abituati a leggere un italiano così ricco. L'altro tema, quello dell'identità, ha suscitato un interessante dibattito su chi sosteneva che la vicenda di Mattia Pascal è l'esempio di come un individuo anche se finge di essere qualcun'altro agli occhi del mondo, non può sfuggire da se stesso. Per altri invece la scelta del protagonista di ritornare alla vita di prima è stata provocata soltanto dallo scontro con la burocrazia. Lui avrebbe voluto rifarsi una nuova vita ma dato che la sua identità è fittizia non può risposarsi, non può lavorare, non può nemmeno denunciare un furto subito, quindi alla fine è costretto a ritornare sui suoi passi.
Alcune parti del libro sono risultate noiose perché lente e poco coinvolgenti ma tutto sommato il libro è piaciuto a tutti. In particolare Patrizia P. ha detto che è un libro importante perché mostra uno scorcio dell'Italia di circa 100 anni fa e fa riflettere su come sono cambiate le cose e il modo di vivere. L'unica voce fuori dal coro è stata quella di Patrizia M. che ha definito questo libro come "inutile". I gusti in fatto di lettura sono sempre molto soggettivi e lo sperimentiamo ogni volta ai
nostri incontri. Vedremo la prossima volta a chi sembrerà inutile "Scarpe italiane" di Mankell.
(Maria Teresa per il Gruppo di lettura)