Il libro in programma per questa sera era La biblioteca sul cammello di Masha Hamilton. La storia parla di una ragazza americana che, insoddisfatta della propria vita, decide di partire per l’Africa per sviluppare un progetto di biblioteca itinerante. Tutti sono riusciti a leggerlo e quasi tutti, tranne Daniela che l’ha finito con difficoltà, hanno trovato il libro gradevole. Per qualcuno il libro, pur essendo interessante, non ha sufficientemente sviluppato alcuni punti che avrebbero meritato un approfondimento (Michela e MariaTeresa), ad esempio il rapporto fra le diverse culture. Patrizia Palma ha buttato lì l’idea che forse questa superficialità era intenzionale, creata proprio per dare la possibilità al lettore di ragionare per conto proprio ed eventualmente di approfondire. Graziella invece ha apprezzato moltissimo la sensazione di libertà suscitata in lei dalla descrizione del modo di vivere di queste persone: erano infatti popolazioni nomadi, che possedevano pochissime cose e quindi non legate a nulla, libere di spostarsi in qualsiasi momento. Patrizia Palma allora ha fatto notare che è vero che godevano di questa libertà, ma allo stesso tempo erano soggetti alle leggi della tribù che, in alcuni casi, si sono rivelate molto costrittive. Da lì la conversazione ha iniziato lentamente a spostarsi su altri binari e a farsi più appassionata: siamo infatti passati a parlare del rapporto che ci può essere tra due culture diverse; Graziella sosteneva che noi occidentali non possiamo esportare il nostro stile di vita e la nostra morale ed imporli ad altri popoli, anche se come diceva Patrizia Molinelli, non si può nemmeno stare a guardare senza fare niente, quando per mancanza di conoscenza o per cultura queste persone vengono assoggettate ad usanze davanti alle quali noi civilizzati rabbrividiamo. Parlando della lapidazione ad esempio, si rifletteva sul fatto che sia un’usanza barbara, primitiva, ma personalmente ritengo che anche il modo in cui noi occidentali comminiamo le pene di morte fra 500 anni potrebbe essere considerato “primitivo”; mi sembra che sia una questione di forma e di cultura. Dato che quella sera eravamo tutte donne, era inevitabile che si finisse a parlare della condizione femminile in questi paesi “arretrati”! Subito ci siamo scaldate parlando dello sfruttamento sessuale di queste donne-bambine, che, per pochi soldi, vengono messe a disposizione dei turisti occidentali. E a questo punto, con sgomento, ci siamo chieste: ma è mai possibile che questi pervertiti siano così tanti? Ma da che cosa dipende? Dall’educazione? Da tare mentali? Dall’ambiente, o da più fattori messi insieme? Purtroppo siamo rimaste senza risposta, con molti dubbi e tanto disgusto. Vista la piega che aveva preso il discorso, abbiamo preferito alleggerirci un po’ e come sempre siamo passate al dolce, anzi ai dolci, dato che c’era un bis di torte: una crostata dell’impareggiabile Daniela, e una fatta dalla mamma della Lina per il suo compleanno. E così, fra fette di torta e spumante, ci siamo date appuntamento per il 17 Aprile per chi vorrà partecipare alla gita che faremo alla Certosa di Pavia e per tutti gli altri, per l’ultimo mercoledì di Aprile con Le Ceneri di Angela.
Lorena per il GdL
3 commenti:
Mi spiace essere arrivata in ritardo questa volta, così ho perso parte del dibattito e ho interagito poco. Il libro mi ha lasciata un po' con l'amaro in bocca: tante belle iniziative, tante speranze, tanti tentativi di cambiare per poi scoprire alla fine che certe cose non possono cambiare. In questo senso sono d'accordo con quello che diceva Graziella: non è giusto voler imporre la cultura occidentale a popoli che hanno un background completamente diverso. Trovo che il finale del libro sia azzeccato, anche se triste e crudele (Scarboy e il padre vengono allontanati dalla tribu, lasciati soli a se stessi e con pochissime probabilità di sopravvivenza). Forse molti di noi si aspettavano il lieto fine, ma invece è giusto che il libro si concluda in questo modo perché la popolazione di Mididima non era pronta ad affrontare i cambiamenti che la biblioteca sul cammello aveva portato con sé.
Non dimentichiamo comunque che il progetto "biblioteca sul cammello" esiste davvero e che l'autrice stessa del libro ne ha preso parte. Il libro infatti prende spunto da un'esperienza vissuta veramente dall'autrice.
E a me dispiace di non esserci stata proprio e di essermi persa la discussione della serata (ma eravamo in ferie…)
Gli argomenti trattati da questo libro erano veramente interessanti: Il significato della lettura e della conoscenza nello sviluppo della persona e della comunità; la tensione tra tradizione e progresso, tra vecchio e nuovo, tra coraggio e paura…
Eppure questo romanzo non mi è piaciuto molto. L’inizio era – secondo me – abbastanza noioso, scritto in uno stile banale, con troppo “ombra-luce”, troppo naiv, a tratti anche arrogante (nei confronti degli africani). Giusto verso la fine mi ha preso un pochino, anche se le due storie d’amore erano un po’ troppo kitsch, un po’ troppo insulse per il mio gusto (non amo i romanzi d’amore, ma questo l’ho già detto in un’altra occasione^^). Tutto sommato ho trovato questo libro troppo “americano”, nel senso: scritto troppo dal punto di vista di noi occidentali…
Stimolata da “La biblioteca sul cammello” ho comunque deciso di rileggermi prossimamente un po’ di libri di scrittori africani (Bessie Head, Amma Darko, James Ngugi per esempio). Sono loro che ci possono veramente raccontare cosa passa nella testa di un nomade del Sahara, di una famiglia nel Botswana o di una tribu sulle rive del Okavango. Sono culture molto molto diverse dalla nostra, e non è giusto vederle e descriverle con gli occhi da europei o americani, anche se – come in questo caso - l’autrice ha preso parte veramente di un progetto come quello descritto nel libro. Non basta assolutamente, almeno secondo me.
Ciao!sempre in ritardo, ma prima o poi arrivo!!!
Il libro, come detto al GDL, non mi è piaciuto moltissimo... certo per un'argomento del genere gli spunti potevano essere 1000 e probabilemtne l'autrice stessa ha voluto dare un senso di'leggerezza' al suo libro... ma per me è stata troppa questa leggerezza, si leggeva velocemente ma certi punti non finivano più, e certi non li vedevo attinenti la storia... il finale è stata l'unica parte del libro che mi è piaciuta molto, mi ha riportato alla realtà del problema e qundi mi ha emozionato.
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