Con questo romanzo dello svedese Henning Mankell abbiamo
iniziato un nuovo ciclo di lettura, un ciclo intitolato “Tra due mondi” (inteso
anche come: tra due culture, due nazioni, due religioni etc.).
“Ricordi di un angelo sporco” racconta la storia di Hanna, ragazza svedese
che ai primi del Novecento, a causa
della povertà, deve lasciare la sua
casa, la famiglia e persino il suo paese di nascita. Si imbarca per l’Australia ma approda nel porto
di una colonia portoghese in Africa (oggi Mozambico). Lì Hanna erediterà , quasi per caso, un
bordello con prostitute nere e clienti prevalentemente bianchi, diventerà una
delle donne più ricche del paese e sparirà dopo un po’ senza lasciare traccia
di se.
A quanto pare questa parte della storia è vera, autentica. Perché
Mankell si basa su carte storiche trovate
negli archivi di Lourenco Marques (oggi Maputo, capitale del Mozambico) che
contengono le dichiarazioni fiscali di una giovane svedese nell’ Africa
sud-orientale. Tutto il resto è “fiction”, pura invenzione.
In “Ricordi di un
angelo sporco” la giovane Hanna vive in pieno le contraddizioni di una bianca
in un mondo nero, di una che non si trova d’accordo con i meccanismi
colonialisti ma non riesce neanche a far parte del “altro mondo”, quello degli
indigeni. E’ una storia piena di razzismo e intolleranza, di paure e di
sospetti, di violenza e di diffidenza, di
”tutti contro tutti”.
Il libro di Mankell non ha convinto tutti i partecipanti del
nostro gruppo. Anche se (quasi) tutti l’hanno trovato “scorrevole” e nella
maggior parte anche “gradevole”, le critiche non mancavano. A chi non piaceva
il finale, a chi stava antipatica la protagonista, a chi tutta la storia
sembrava “superficiale” oppure troppo “semplicistica”.
Una partecipante lo giudicava “stile telenovela”, un’altra “libro da vacanze in
montagna” (che sarebbe di livello leggermente superiore a “libro da
ombrellone”) e, pensando al tema razzismo,
diceva: “Mankell parla di un problema grosso, ma lo fa a livello abbastanza basso.”
Altri, tra cui la sottoscritta, hanno apprezzato questo
romanzo per la quantità di spunti che
hanno colto dalla storia di Hanna e per le riflessioni sul tema apartheid e
discriminazione suscitate. Io personalmente ho apprezzato anche lo stile secco
e – in parte – distaccato scelto dallo scrittore, raccontando la storia quasi
come spettatore neutrale ed indifferente, evitando così inutili moralismi e
melensità.
Conoscendo la storia (e anche il presente) dell’Africa viene
il sospetto che Mankell, che per buona parte dell’anno vive lui stesso a
Maputo, ha scelto una storia di cento anni fa per denunciare (anche) la
situazione attuale di quel “povero” continente, dove le enormi ricchezze sono ancora in mano
di pochi (spesso bianchi), e dove conflitti violenti sono spesso provocati da
interessi economici da parte dei moderni “colonialisti” delle multinazionali.
Prossimo libro del
ciclo “tra due mondi”: La figlia dell’aggiustaossa di Amy
Tan.
Ci vediamo a fine ottobre. Buona lettura!
(Helga, membro del Gruppo di Lettura CoLibri)