venerdì 26 febbraio 2010

Incontro del 24.02.2010 - Il maestro di Pietroburgo

Il libro della serata, scritto dal Permio Nobel J. M. Coetzee, racconta dello scrittore Dostoevskij che dal suo esilio di Dresda per debiti di gioco, ritorna a Pietroburgo dopo la morte dai contorni poco chiari del figliastro. Lo scrittore si stabilisce nell'appartamento che era stato del figliastro e ossessivamente ne insegue il fantasma per scoprire che cosa veramente gli sia capitato, indagando negli ambienti rivoluzionari di Necaev.
Se da un lato il libro è stato molto apprezzato da una appassionata lettrice di Dostoevskij come Michela, dall'altro lato abbiamo sentito il parere diametralmente opposto di Renato. Michela ha apprezzato che Coetzee cerchi di ricreare le atmosfere di capolavori quali "I demoni" e "Delitto e castigo", mentre Renato ha appunto deprecato queste caratteristiche sottolineando il fatto che Coetzee cerca addirittura di imitare lo stile del suo idolo Dostoevskij senza averne le capacità. Dal punto di vista di Renato "Il maestro di Pietroburgo" è un libro in utile.
In generale il libro è stato terminato da tutti anche se le atmosfere lugubri, l'angoscia, la morte, il rancore e il desiderio di vendetta che lo pervadono non rendono particolarmente piacevole e scorrevole la lettura.
Si è notato molto il desiderio, da parte di chi non è rimasto soddisfatto da questa lettura, di farsi spiegare le motivazioni per cui uno scrittore contemporaneo decida di scrivere una storia ambientata nella Russia di 150 anni fa con protagonista uno scrittore realmente vissuto.
Secondo Helga, la finalità di questo libro è quella di raccontare il ruolo di uno scrittore (Dostoevskij) in un Paese totalitarista (Russia) dal punto di vista di uno scrittore (Coetzee) che ha vissuto in un Paese totalitarista (Sud Africa). Il libro, se da un lato parla della situazione politica della Russia del tempo, dall'altro affronta la tematica dei sensi di colpa, di ciò che poteva essere e invece non è stato nel rapporto tra un padre e un figlio.
Altro punto su cui ci siamo soffermati era l'interrogativo in merito alla veridicità degli eventi raccontati. Alcuni episodi citati nel libro sono accaduti veramente (la deportazione in Siberia, l'esilio per debiti, le crisi di epilessia). Dostoevskij aveva davvero un figliastro ma non viene ucciso come si racconta nel libro. Necaev è un personaggio veramente esistito ma nella realtà non ha ucciso il figliastro di Dostoevskij per scopi politici.
Forse la lettura di questo libro avrebbe dovuto essere affrontata nel modo in cui ha fatto Elena che, non avendo mai letto nessun romanzo di Dostoevskij e non sapendo nulla della sua biografia, ha letto "Il maestro di Pietroburgo" semplicemente come la storia di un padre che perde un figlio.
Dato che il contenuto del libro è anche politico, l'ultima parte del dibattito si è incentrata appunto sulla politica, spaziando dalla Russia nichilista alla crisi economica attuale.
Poi finalmente abbiamo mangiato la buonissima torta portata da Daniela e parlato di argomenti più leggeri. Sono stati aggiunti 4 nuovi titoli al nostro programma di letture e abbiamo scelto la meta della prossima gita: Certosa di Pavia, 17 aprile 2010.
(Maria Teresa per il Gruppo di lettura)

5 commenti:

renato ha detto...

Mi voglio complimentare con la Mariateresa per la bravura che ha nell'esporre e sintetizzare le nostre discussiioni non sempre sintetiche, riguardo al libro in questione resto del mio parere e, in più, voglio dire che non mi piace neanche lo stile , il modo di scrivere di Coetzee... boh !
Renato

Maria Teresa ha detto...

Grazie Renato per i complimenti!
Ti assicuro che questa volta non è stato affatto facile riassumere la serata perché il dibattito è stato molto acceso e c'erano tante opinioni contrastanti.
È strano vedere che da un libro così corto saltino fuori così tanti argomenti. Non abbiamo discusso così tanto nemmeno per libri più complessi e lunghi, tipo "Guerra e pace".
Io faccio parte di quelli che non hanno apprezzato il libro. La scelta di usare Dostoevskij come protagonista mi ha tolto qualsiasi attrattiva, soprattutto quando mi sono resa conto che gran parte del contenuto era inventato e non attinente alla biografia dello scrittore russo. L'ho finito proprio perché era un libro breve, fosse stato più lungo avrei abbandonato.
A me lo stile di Coetzee non dispiace. Ho letto anche "Vergogna" e trovo che sia scritto molto bene, però anche in quel caso le tematiche trattate erano molto pesanti. Da ciò ne ho tratto la conclusione che dei suoi libri mi piace la forma ma non i contenuti, di conseguenza non credo che leggerò altri suoi libri.

Helga ha detto...

Eh si voi due, eravate già d'accordo durante la serata del GDL, ahahah.
Il fatto che da un libro così corto siano saltati fuori così tanti argomenti ... vuol semplicemente dire che è un libro profondo e pieno di significati ^^
Resto anch'io del mio parere: Coetzee è un grande; con questo libro ha fatto (anche) un omaggio ad un altro grande della letteratura, a Dostoevskij (io adoro le biografie, anche se romanzate, come in questo caso, e quindi non proprio basate sui fatti al 100% ...); mi piace lo stile di Coetzee e mi piace anche la storia, pesante si, ma molto stimolante.
Un bel libro, da leggere con calma, come tutti i libri di Coetzee secondo me.

Michela ha detto...

Anch'io voglio fare i complimenti a Maria Teresa!! Questa volta non era per niente facile sintetizzare la discussione su Il maestro di Pietroburgo. Libro che ho apprezzato moltissimo nonostante il clima cupo e i contenuti decisamente impegnativi. A me è piaciuto sia lo stile di Coetzee che la sua abilità e bravura nel raccontare questo frammento di vita di uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi, Dostoevskij ovviamente. Dopo questo approccio positivo a Coetzee penso che leggerò anche Vergogna.

Anonimo ha detto...

Sono molto d'accordo con Renato e Maria Teresa.
Ultimamente e’ successo che uno scrittore inglese ha cercato di pubblicare un seguito al romanzo “Giovane Holden” scritto da JD Salinger.
Allora ancora in vita, Salinger ha chiesto il divieto alla pubblicazione del romanzo, che si presentavo (firmato con pseudonimo di J.D. California) come la storia di Holden dopo 60 anni (60 years Later: Coming Through the Rye).
Mi chiedo: se Dostoevsky fosse ancora in vita … avrebbe permesso la pubblicazione del Maestro di Pietroburgo? Com’e’ presuntuoso questo Coetzee!
Sembra che l’autore Coetzee abbia trovato nella vita di Dostoevsky un terreno fertile dove seminare ed esprimere le sue filosofie, ma questo in se non da’ un timbro d’autenticità all’opera.
Lo stile dello scrittore, invece, assomiglia molto ad una vera traduzione da russo in inglese (ho letto il romanzo nella versione originale in inglese), una caratteristica che rende più credibile (e accettabile) la storia. Perfino l’utilizzo continuo del presente rinforza quest’impressione.
In ogni caso, ci troviamo sempre di fronte ad un tentativo di entrare nella testa di un personaggio reale. Ripeto: tentativo.
Piuttosto perché non sviluppare le stesse idee attraverso dei caratteri nuovi, originali, se pure nella stessa cornice dell’epoca tardo-zarista in Russia?
Non è solo la scelta di Dostoevsky come personaggio centrale che disturba, ma anche la storia stessa che rimane sempre un filo di nebbia che passa da una situazione all’altra, mai toccando la terra ferma, ma sempre galleggiando sull’aria, sospesa tra reale ed eterea, saltando da tema a tema.
Quanti strani personaggi che appaiono e scompaiono in situazioni ancora più strane! Quanti strani rapporti tra Dostoevsky e la padrona di casa, la figlia, l’amica dell’anarchico. La stessa atmosfera sempre malinconica, buia e depressiva ci nega ogni speranza di risoluzione.
La rappresentazione della situazione politica in Russia, che senza dubbi fa riferimento alla situazione in Sud Africa, rimane ombreggiata dalla ricerca interiore psicologica del carattere centrale. La quale rimane al suo turno oscurata dallo svolgere della storia che riguarda la fine di Pavel, sua morta violenta o suo suicidio, suo coinvolgimento nel complotto d’attentati multipli. Per non dimenticare il tema del rapporto padre/figlio e quello dei conseguenti sensi di colpa.
C’e’ molta carne sul fuoco, e non tutta é cotta al punto giusto.
Si può dire, fantastico, com’e’ ricco d’idee, che profondità!
Invece per me, bisogna dire, che pasticcio, non si sviluppa un tema principale, ma si cerca di presentarne troppi, che sono tutti in lotta uno con l’altro senza definire un punto di vista chiaro.
Il tutto costruito sull’ipotetico comportamento e sui presunti pensieri di un povero indifeso scrittore scomparso tanto tanto tempo fa!