Avevamo deciso di approfittare della lunga pausa estiva per
dedicarci ad un “classicone”: Anna
Karenina di Lev Tolstoj. Malgrado i due mesi a disposizione, però, in pochi
hanno portato a compimento l’impresa, e anche questa volta sulla tavola
troneggiava una dolce conclusione di serata (plum-cake alle prugne e zenzero).
Gli spunti interessanti, tuttavia, non sono mancati: prima
tra tutte, la considerazione – unanimemente condivisa – che la protagonista non
rappresenti il personaggio più simpatico, né quello più interessante del
romanzo. Al contrario, Tolstoj sembra dare il meglio di sé nella descrizione di
ambientazioni, sentimenti, sensazioni e di personaggi solo apparentemente
secondari.
Se, infatti, Anna risulta, nel suo dramma, piuttosto
superficiale ed egoista – e, nota qualcuno, il suo intreccio sentimentale con
Vronskij si risolve troppo rapidamente, a livello narrativo -, d’altra parte il
personaggio di Kitty pare crescere ed acquisire forza e spessore pagina dopo
pagina.
La stessa cosa può dirsi di Levin, la cui vicenda di
proprietario terriero “illuminato” dà spazio inoltre alla rappresentazione –
inusuale in Tolstoj – di una fetta di società umile e popolare; ed è in Levin
che l’autore avrebbe trasposto le proprie idee politiche e il proprio impegno
sociale.
Non è mancato un momento di dibattito acceso: il fatto che
le donne di questo romanzo siano impegnate solo a curarsi del proprio aspetto
e/o dei propri figli, rivela la penna maschile, o è soltanto una fedele
rappresentazione dell’alta società ottocentesca russa?
Noi ci siamo schierati… Diteci la vostra!
(Claudia, membro del GDL CoLibri)
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