mercoledì 9 dicembre 2015

Incontro di mercoledì 25 novembre 2015 - Danny l'eletto



Complici le brevi giornate invernali, dal mese di novembre abbiamo deciso di anticipare, per un po’, i nostri incontri alle 20:30. Nonostante questo, però – e nonostante la mancanza di desserts -, anche questa volta ci siamo salutati alla solita ora, dopo una discussione alimentata dai numerosi, varii stimoli suggeriti da Danny l’eletto di Chaim Potok, scrittore e rabbino statunitense di origini polacche. 


Il romanzo, edito per la prima volta nel 1967 con un cospicuo successo commerciale, può definirsi un racconto di formazione con al centro Danny e Reuven, e si basa su vicende autobiografiche.


Entrambi sono figli di rabbini, ma il padre del primo è un chassid che vorrebbe, come da tradizione, trasmettere a Danny la carica religiosa, pur intuendone la straordinaria intelligenza e l’interesse per discipline goy come la psicanalisi.


La narrazione si apre con una partita di baseball che li vede, tredicenni, schierati su fronti opposti, quasi nemici: lo sport si fa veicolo di estreme tensioni religiose, soprattutto per Danny, che non senza una dose di premeditazione ferisce Reuven a un occhio.


L’amicizia che si svilupperà inaspettatamente da questo evento attraverserà l’intera adolescenza dei protagonisti e, soprattutto per Danny, accompagnerà una progressiva presa di coscienza rispetto al proprio ambiente. 


Nonostante il romanzo risulti appesantito da varie digressioni storiche e religiose, mantiene uno stile asciutto ed efficace nel ritrarre i personaggi e nel trasmetterne l’intensità emotiva – su entrambi i punti, siamo stati unanimi, per poi confrontarci con passione su altri aspetti.


Qualcuno trova incomprensibile ed ingiustificabile una chiusura come quella del rabbino Saunders, altri hanno fatto notare che il costume dell’obbedienza non era una cosa rara, a prescindere dalla religione, fino a non molti anni fa; Elaine ha arricchito il proprio commento di lettrice con le esperienze vissute nell’infanzia a Brooklyn, mentre Patrizia ha potuto ricollegarsi alle origini ebraiche della propria famiglia. 


Il finale del romanzo è forte, quasi spiazzante e, personalmente, mi ha fatto versare non poche lacrime.

(testo: Claudia, membro del Gruppo di lettura CoLibri)

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