Con “Occhio di gatto” della scrittrice canadese Margaret
Atwood è iniziato il nostro nuovo ciclo di lettura dopo la lunga (e calda)
pausa estiva. E’ un romanzo che ci racconta molto sullo stile di vita di metà ‘900
in Canada.
In occasione della prima retrospettiva delle sue opere la
pittrice Elaine, protagonista del libro, torna dopo tanti anni a Toronto, la
città dove è cresciuta. E qui si/ci ricorda il suo passato, la sua famiglia, le
sue amiche e anche diversi eventi traumatici della sua infanzia/gioventù.
C’è una famiglia anticonformista, un padre entomologo che
grazie al suo lavoro “costringe” la famiglia a vivere per un lunghi periodi nei
boschi, con molta libertà, senza convenzioni “borghesi”, ma anche senza rapporti
con la società circostante. Per Elaine, bambina, significa di crescere senza molti
riferimenti femminili, imitando i comportamenti maschili e modi di
pensare/agire del fratello più grande, unico compagno di gioco per anni. Quando
poi, una volta raggiunta l’età scolastica dei figli, la famiglia diventa “sedentaria”
(il padre insegnerà all’università di Toronto) Elaine cerca di assumere il suo
nuovo ruolo da “femmina”.
Con un po’ di difficoltà trova delle amiche, tra cui anche
Cordelia, “leader” del piccolo gruppo e sua aguzzina. L'unico vero alleato di
Elaine è un occhio di gatto, una biglia di vetro, dura, fredda, forte come lei
avrebbe voluto diventare.
Quella prima parte del romanzo parla della “crudeltà” tra
bambini che oggi spesso viene chiamato “bullismo”. Nella
seconda invece impariamo molto sul movimento femminile e sul mondo dell’arte
degli anni ‘60/’70 in Canada.
“Occhio di gatto” è un romanzo complesso e non banale e ha
suscitato reazioni diverse nel nostro GDL. I giudizi andavano da “fantastico” e
“meraviglioso” a “irritante” e persino “interessante ma troppo lungo”. In ogni
caso, gli argomenti trattati dalla Atwood ci hanno stimolati anche questa volta
ad una discussione lunga, intensa e come
sempre interessante.
Prossimo incontro a fine settembre con “Stoner” di John
Williams.
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